Titoli di coda

Pubblicato il da antonio_montanari

All'apertura del Festival del Cinema di Roma c'è stata una manifestazione di protesta di circa 1.500 operatori dello spettacolo con uno slogan intelligente: "Nei titoli di coda c'è gente che lavora". Sfilavano sul tappeto rosso steso per politici e divi. 
Sono in tanti e dovunque, quanti non possono ambire ai titoli di testa, ma sono confinati in quelli di coda. Che nessuno legge, anche se si dovrebbe farlo, perché ci sono i nomi di chi manda avanti l'Italia. In fondo alla lista, e quasi invisibili, vengono i quasi cinque milioni di immigrati che regalano al fisco un miliardo di euro perché versano più di quanto ricevano in servizi; ci pagano sanità e pensioni; e fanno l'11 per cento del prodotto interno lordo (Ventesimo Dossier sull'Immigrazione, della Caritas).
Altre cifre per altri nomi dei titoli di coda. Le famiglie sono in crisi, due su tre non possono risparmiare nulla, operai ed insegnanti sono quelli che stanno peggio (fonte, Ipsos-Acri). La Cei ha denunciato che la famiglia italiana è spesso lasciata sola e tradita dalla mancanza di sostegni anche sociali, fiscali ed economici.
A Bologna don Luigi Ciotti è stato premiato in una manifestazione curata dal prof. Andrea Segré contro lo spreco alimentare. Anche gli ultimissimi nei titoli di coda potrebbero avere lo stomaco pieno se fossimo tutti attenti a pretendere un'organizzazione commerciale più a misura d'uomo che a quella dei miti pubblicitari: una mela è buona anche se non è bella per un colpo di grandine. Don Ciotti rappresenta l'ideale del recupero al mondo delle persone scartate, che droga e mafia avevano avvilito o distrutto.
Chi muove l'economia? Il sen. Lamberto Dini (Pdl) sulla "Stampa" ha osservato: le banche, che dovrebbero favorire gli investimenti, forse non sono adatte abbastanza allo scopo, e le fondazioni da cui esse dipendono rischiano di essere "un azionista di controllo pericoloso per la sana e prudente gestione" e la stabilità delle banche medesime. In parole povere: le fondazioni vogliono soltanto far soldi con le banche, magari per finanziare "la locale università".
Il prof. Marco Cammelli a Bologna presiede la Fondazione del Monte. A chi gli offre una candidatura a sindaco risponde: "Chi distribuisce denaro dovrebbe star lontano da ruoli pubblici". Le sue regole elementari del gioco sono due: se di quei soldi ne beneficia una sola parte non è bene; se il vantaggio è di tutti ecco un motivo in più per astenersi dal concorrere. A Bologna. [1014]

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA

"il Ponte", Rimini, 7.11.2010

Segnalato in home della Stampa il 2 novembre 2010.

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