Si fa presto a dire Africa

Pubblicato il da antonio_montanari

Non è più il tempo di credere che l'Italia debba aspettare il verbo da Parigi o da Berlino. Parole di Crispi (1888), un colonialista, ma anzitutto un meridionale: servono per i contadini del Sud, le terre d'Africa. Vi abbiamo buttato un occhio nel 1882, anche per far concorrenza a Parigi e Berlino. Poi (1885-90) abbiamo formato la colonia Eritrea e conquistato parte della Somalia. Nel 1887 a Dogali massacrano 500 nostri soldati.
1896, sconfitta di Adua in Abissinia. Dei nostri 20mila soldati, ne fanno prigionieri duemila. Dalle piazze di casa si grida "Via dall'Africa". Alla gente, scrive Benedetto Croce, si sono raccontate "fantasticherie e fandonie". Eritrea e Somalia debbono riempire stomaci vuoti. Tra autunno 1897 e maggio 1898 tumulti ci sono in tutt'Italia per il rincaro del pane. A Milano finisce a cannonate: 118 morti secondo i socialisti, 84 per il governo.
Nel 1911 l'Italia guarda alla Tripolitania. Il nazionalista Filippo Corradini sostiene: "Laggiù possono vivere milioni di uomini". Ne bastano 50mila da mandare alla guerra di Libia. Si canta: "Tripoli, bel suol d'amore". Dopo sarà la volta di un altro motivetto: "Faccetta nera bella abissina", al tempo della corsa all'impero. Nel 1930 bombardiamo con l'iprite un'oasi: cercavamo inesistenti ribelli fuggiti dalla Tripolitania, facciamo soltanto una strage di pastori e contadini. In Etiopia (1935-36) usiamo sistematicamente i gas, senza dirlo a nessuno. Indro Montanelli non ci crede sino al 1996.
6 ottobre 1935, "Adua è stata riconquistata" titolano i giornali. Il 5 maggio 1936 l'Etiopia è italiana. Il CorSera spiega che è "per la logica della Storia" e per una nostra missione. Vittorio Mussolini ricordava: dar fuoco a paesini e capanne "era un lavoro divertentissimo", con "quei disgraziati che scappavano come indemoniati". Migliaia di patrioti etiopi sono rinchiusi nei campi di sterminio o deportati in Italia, seimila abitanti di Addis Abeba sono trucidati dopo il fallito attentato a Graziani.
Graziani, quello che girava "per Tripoli con la sahariana bianca, su un cammello, sei negrette a seno nudo che gli facevano vento e ai suoi piedi, trascinato in catene e nella polvere, il capo dei guerriglieri senussiti, sterminati con i gas" (F. Merlo). Il 9 maggio 1936 arriva l'impero. Lo scrittore Corrado Alvaro ricorda: alla cerimonia della proclamazione, una principessa di Casa Savoia, a cui Mussolini bacia la mano, gli dice: "Duce, siamo noi che dovremmo baciarvela". [1035]

Antonio Montanari
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il Ponte, Rimini, 10 aprile 2011

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