Mali minori

Pubblicato il da antonio_montanari

Dal 2008 si parla di "mali minori", per non spaventare l'opinione pubblica. Intanto si squaglia lo Stato



Napolitano

A forza di accettare i mali minori, abbiamo squagliato lo Stato. In questi giorni assistiamo a stupende arrampicate sugli specchi per dire che quel decreto "elettorale" non poteva non essere firmato dal Capo dello Stato. Anche se il decreto stesso non va bene per nulla.

In altri tempi, in molti avrebbero detto che c'è contraddizione irreparabile tra le due affermazioni. Oggi no. Perché un discorso politicamente corretto deve salvare dalle critiche il capo dello Stato: capo dello Stato inteso come istituzione, non come singola figura: nello specifico, Giorgio Napolitano.

Lo ha fatto con eleganza di dottrina anche Gustavo Zagrebelsky, il costituzionalista intervistato ieri da "Repubblica": ha usato toni molto duri contro il decreto, per quattro motivi. Ne citiamo uno soltanto, "si finge che sia un'interpretazione, laddove è evidente l'innovazione". Poi sul Capo dello Stato, Zagrebelsky registra soltanto che ha usato "l'etica della responsabilità". Ovvero, non c'era altra strada per non peggiorare le cose, se abbiamo compreso il suo pensiero.

Giusto. Però c'era già stato il precedente del "lodo Alfano", a proposito del quale parlammo di "Nebbia sul Colle". E citammo un fondo della "Stampa" del prof. Carlo Federico Grosso, in cui si spiegava perché Napolitano aveva scelto la strada del "male minore".
L'articolo di Grosso era intitolato "Di male minore in male minore", per avvertirci che così facendo si è intrapresa una strada pericolosa: "Di mediazione in mediazione, il quadro delle riforme compiute o in gestazione (...) è comunque desolante. Si è trasformato il presidente del Consiglio in una sorta di Principe liberato, sia pure a termine, dalle normali, doverose, responsabilità giudiziarie...".

Era il luglio 2008. A marzo 2010, ci stiamo ancora allenando a mettere a fuoco il male minore o cerchiamo di comprendere come è fatto il cammino su quella "strada pericolosa" su cui ci siamo (siamo stati) avviati?
Dal luglio 2008 parliamo di mali minori, per non spaventare l'opinione pubblica. Ma tutto ciò dove ci sta portando?

Aldo Schiavone osserva oggi su "Repubblica": "La crisi del berlusconismo [...] sta entrando in una fase nuova e imprevedibile, in cui ogni cosa è possibile".
Ieri sul "Corrierone" Ernesto Galli della Loggia ha parlato di una crisi politica del partito e quindi del governo (possiamo immaginare) di Berlusconi. Dovuta al suo senso di onnipotenza, alla sua arroganza, alla sua altezzosa insofferenza alle critiche.

Non serve nulla a gridare allo stato di accusa come fa Di Pietro, per Napolitano. Ma serve ancor meno fingere che i problemi non esistono. Più che fare la Storia, ci lasciamo trascinare da essa. Ed essa, da vecchia bagascia come la definiva Gianni Brera, dà ragione a chi vince, e non fa vincere chi ha ragione. Vecchia lezione su cui nessun sembra intenzionato a meditare.

[08.03.2010, anno V, post n. 71 (1162), © by Antonio Montanari 2010. Mail.]

Divieto di sosta. Antonio Montanari. blog.lastampa.it
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